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Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Corso di laurea in infermieristica - Sede di Modena

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Titolo Tesi Gestione del paziente obeso in Terapia Intensiva: revisione della letteratura
Cognome e NomeBarbieri Elena
Relatore(i)Scacchetti Daniela
Anno Accademico2015/16
Tipo tesicompilativa

Riassunto

Negli ultimi anni, l'obesità sta crescendo in tutto il mondo, con una prevalenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini. Ciò comporta di riflesso un aumento di pazienti obesi e sovrappeso anche in ospedale e in terapia intensiva.
L’obiettivo di questa tesi è di verificare le informazioni presenti in letteratura sulla gestione del paziente obeso in terapia intensiva, in particolare per quanto riguarda alcuni aspetti assistenziali considerati più problematici. Fra questi, l’utilizzo dei farmaci, visto che la posologia normalmente indicata sui foglietti illustrativi si riferisce ad una percentuale standard di tessuto adiposo e tessuti magri presenti nell'organismo, tipica dei pazienti normopeso. Nell'obeso queste proporzioni sono alterate e, di conseguenza, l'assorbimento e la distribuzione del farmaco cambiano notevolmente, portando a sovradosaggi o ad un insufficiente picco sierico di sostanza.  Un altro problema riguarda la gestione delle vie aeree poichè l'accumulo di tessuto adiposo in zona faringea e/o addominale può compromettere la ventilazione e rendere difficile l'intubazione, considerando che nel paziente obeso il consumo di ossigeno è aumentato anche a riposo. Rispetto alla nutrizione, il soggetto obeso sottoposto a cure intensive ha bisogno di una terapia nutrizionale ipocalorica ad alto contenuto proteico, per scongiurare il catabolismo muscolare. Per finire, tutto farebbe pensare ad outcomes peggiori dei soggetti obesi, mentre gli studi evidenziano il fenomeno chiamato "Obesity Survival Paradox", per cui pare che i pazienti obesi, nonostante normalmente rimangano più tempo intubati e ricoverati in unità di terapia intensiva, rispetto ai normopeso, sopravvivano di più.  L'obesità di per sè, infatti, non costituisce un fattore che aumenta la mortalità, sono le malattie spesso ad essa associate a costituire un rischio.